La vita non è fatta solamente dal lavoro, dalla coppia e dall’intimità della casa, ma anche dalla propria presenza, e interazione, nella società.
Per questo motivo grandi cambiamenti, come il divorzio, possono interessare non solo l’individuo singolo ma anche il suo ruolo nella società e nella comunità.
Legandosi proprio al ruolo che ognuno di noi ha nella comunità, Paul Bohannan, uno dei primi studiosi ad occuparsi del divorzio non solo sotto il profilo legale, ma anche sociale e psicologico, ha individuato sei stadi del divorzio tra cui lo stadio del divorzio comunitario o dalla comunità.
Questo stadio, come gli altri cinque, è fondamentale e deve essere affrontato con consapevolezza e, se necessario con l’aiuto di un professionista.
Vediamo di che cosa si tratta e come affrontare questo passaggio essenziale nella separazione dal coniuge.
Il divorzio comunitario
Come abbiamo già detto, noi esseri umani non viviamo solamente nelle nostre case e nella nostra solitudine ma, in un modo o nell’altro, ci inseriamo all’interno di una comunità di persone.
Il divorzio comunitario, quindi, si riferisce proprio alla rottura, o comunque all’indebolimento, dei rapporti significativi con quelli che sono gli amici della coppia, con i parenti acquisiti, e anche all’abbandono, da parte di uno dei due coniugi, del ruolo di residenza e, di conseguenza, del vicinato.
Il divorzio comunitario, quindi, si riferisce all’abbandono di tutte quelle relazioni collaterali costituite dai coniugi sulla base, o grazie, al matrimonio, al fatto di vivere in un determinato luogo e di frequentare alcune persone.
Questo passaggio può essere davvero difficile, soprattutto pensando al fatto per il quale esso si lega ad una rottura importante come quella del legame di coppia.
Che cosa comporta il divorzio comunitario
Si potrebbe anche pensare che per un adulto sia semplice superare una separazione rispetto alla comunità, agli amici e ai parenti acquisiti, ma ciò non è del tutto vero.
Ritrovarsi all’improvviso non solo single, ma anche lontani dagli amici comuni, da un parente acquisito con il quale si avesse confidenza e complicità, può destabilizzare molto.
Lo stesso accade per il coniuge che debba lasciare l’abitazione coniugale, in quanto si dovrà riadattare ad un nuovo quartiere, a nuove abitudini e ad un vicinato differente.
Questa dimensione, quindi, può comportare sicuramente una sofferenza per gli ex coniugi, che si potrà estendere in modo praticamente naturale anche ai figli.
Infatti, anche i bambini e i ragazzi dovranno rinunciare alle loro relazioni amicali, costruite magari con molta fatica, ai compagni di scuola, al legame con i figli degli amici dei loro genitori.
Ecco che, quindi, il divorzio dalla comunità comporta una serie di conseguenze sia per i due ex coniugi sia per la prole, e anche per i terzi soggetti coinvolti, come i suoceri, i cognati e così via.
Che cosa succede, allora, al divorzio comunitario?
La persona potrà cominciare a sperimentare una sensazione di solitudine, di destabilizzazione e di isolamento, che possono portarla a percepire come ancora più negativo il percorso verso il divorzio definitivo.
Come affrontare il divorzio comunitario?
Come accade per tutti gli aspetti del divorzio, anche quello dalla comunità dovrà essere affrontato nel modo giusto.
Non si dovranno usare le relazioni in comune come strumento per ricattare l’altro, non bisognerà cercare di portare gli amici comuni a parteggiare per l’uno o per l’altro partner, ma bisognerà lasciare libertà sia all’altro coniuge sia alle terze persone.
Lo stesso dovrà accadere per i figli, che non dovranno essere obbligati a lasciare le amicizie, a cambiare il proprio entourage e ad ignorare improvvisamente le persone che, fino al giorno prima, facevano parte del nucleo famigliare.
Ad esempio, uno zio acquisito dovrà continuare a costituire un punto di riferimento per il bambino o il ragazzo, anche dopo il divorzio, soprattutto se questo rappresentava un elemento importante nella vita del minore.
Allo stesso modo, gli ex coniugi dovranno cambiare la propria dimensione nell’approcciare gli altri, nel relazionarsi all’esterno.
Se, infatti, durante un matrimonio spesso le amicizie sono definite “di famiglia” e si tenderà a frequentare una coppia, o comunque un gruppo, perché congeniale ad entrambi, con il tempo i due ex coniugi dovranno cercare di costruire i propri legami sociali come individui, e non più come parti di una coppia.
Bisognerà anche continuare ad investire nelle relazioni precedenti alla rottura, ma sarà fondamentale anche essere realisti. Alcuni amici, infatti, potrebbero preferire la compagnia di uno dei due, e non bisognerà prendere questo comportamento come offensivo.
D’altronde, tutti noi abbiamo delle preferenze, e non possiamo sentirci costretti a frequentare qualcuno solo perché quella persona era amica del nostro ex coniuge. Lo stesso accadrà per le altre persone nei nostri confronti.
Magari un amico del marito ci tollerava perché facevamo parte della coppia, oppure uno della moglie potrà non aver mai trovato nulla in comune con l’ex marito.
Si riscoprirà, quindi, la propria personalità, magari dopo averla messa da parte per tanto tempo. Sarà possibile individuare i propri interessi, le proprie attitudini e delle nuove abitudini basandosi su se stessi e non più sulla dimensione di coppia.
Nel caso in cui, poi, ci si trovi a sperimentare una certa solitudine, e un senso di isolamento, bisognerà capire che queste sono reazioni normali, e che non ci si dovrà far sopraffare da esse.
Ma nel caso in cui il senso di isolamento dovesse crescere, e portare la persona ad isolarsi ulteriormente, sarà fondamentale l’intervento di uno specialista.
Questo perché la perdita di alcune relazioni, insieme a quella di coppia, può minare in modo notevole il senso di sicurezza, l’autostima e la propria identità. Seguendo un percorso con uno psicologo o un consulente sarà possibile recuperare una nuova sicurezza, o addirittura scoprire qualcosa di nuovo su se stessi e sulla propria personalità.
Tutto questo sarà applicabile anche ai figli, che potranno avere bisogno di aiuto per ricostruire la propria vita, soprattutto nel momento in cui le settimane dei bambini e dei ragazzi siano “divise” tra i due ex coniugi, e sia necessario, quindi, garantire al minore una certa serenità, una socialità normale e una particolare sicurezza, in entrambe le case e le situazioni abitative.